Bitter Root – Recensione

Bitter root copertina

Il fumetto, per molto tempo, è stato sottovalutato. Era considerato uno strumento di puro intrattenimento, incapace di veicolare un vero e proprio messaggio. Nonostante anche adesso ci sia dello scetticismo riguardo questo medium, moltissime delle nuove pubblicazioni mostrano tutta la sua versatilità. E a questo si aggiunge il fatto che spesso questi titoli fanno parte di quel macrogenere che risponde al nome di “fiction“. Insomma, tutto ciò che è identificabile con l’horror, il fantasy, la fantascienza e tutte le declinazioni altrimenti identificate con l’espressione “di genere“. Chi l’avrebbe mai detto che anche un’opera fantastica potesse dire qualcosa?

Impossibile a questo punto non citare Bitter Root, graphic novel di casa Image Comics e portata in Italia da Leviathan Labs. Il primo volume Affari di famiglia si presenta come un’opera poliedrica, capace di presentare subito un ventaglio di tematiche affrontate con maturità e tanta fantasia. Gli autori – David F. Walker, Chuck Brown e Sanford Greene – danno vita a una storia di emancipazione e sopravvivenza in una società cieca e ancora carica d’odio.

La mano del diavolo

New York, 1924. Nel pieno del Rinascimento di Harlem, la famiglia Sangerye deve affrontare una nuova minaccia. Abituati a combattere i Jinoo, umani la cui anima è stata corrotta e si sono trasformati in demoni, i membri della famiglia fanno la conoscenza di un nuovo tipo di creature. Non bastano le conoscenze tramandate da generazioni per debellare questo nuovo pericolo che incombe su Harlem e i suoi abitanti.

I Jinoo non sono gli unici nemici che la famiglia dovrà affrontare. La società non è pronta a fare la conoscenza di determinate creature, soprattutto se si vede nella comunità africana il vero “responsabile” di quegli agguati. Inoltre, il mondo magico obbedisce anche a leggi che spesso sono nascoste. Una vecchia conoscenza dei Sangerye si paleserà come la vera cura al male dell’anima.

Magia, folklore e razzismo

Bitter Root presenta una vera e propria famiglia che “combatte” contro forze diaboliche servendosi di antiche tradizioni e magia africana. Si incontra, anche se non si scende mai troppo nei particolari, un insieme di usanze antiche che tengono in vita queste persone. Queste tradizioni, oltre a essere la linfa della famiglia, sono anche la loro àncora. Sono certezze che la aiutano a continuare a sopravvivere in un mondo scosso da eventi di difficile comprensione.

Emerge uno dei temi principali di Bitter Riot: il razzismo. In questo primo capitolo si leggono battute e scene razziste come la violenza vendicativa della polizia scaturita dalla xenofobia di quel periodo storico. I Jinoo sono umani dall’anima corrotta e trasformati in diavoli. Il razzismo non è lo stesso? Una macchia sull’anima che rende gli individui simili a bestie, a mostri violenti e privi di raziocinio. E non basta un rituale per esorcizzare un certo odio.

Il futuro della serie

Nulla da dire sulla storia. Bitter Root si fa leggere con estrema facilità e ci si appassiona alle vicende della famiglia Sangerye. Non viene lasciato particolare spazio alle dinamiche magiche, che vengono solo accennate . Questo sarebbe un elemento che sarebbe interessante approfondire nei prossimi numeri della serie.

Le pagine finali del volume sono dedicate a una serie di approfondimenti culturali e sociologici realizzati da artisti e studiosi della comunità afroamericana. Da leggere assolutamente perché aiutano a comprendere meglio alcuni passaggi della storia ed è materiale che di certo arricchisce il lettore. Non capita spesso di trovare un’opera così completa.