Il Suo Nome Era Gilbert | Recensione

IL SUO NOME ERA GILBERT

Vi potrà capitare, in questi giorni, di andare in fumetteria e di non trovare il caos di persone. Mentre “navigate” tra gli scaffali, guardando avidamente le nuove uscite e gli arretrati che potreste recuperare, potrebbe accadere qualcosa di strano, di sentirvi osservati. Guarderete attorno a voi, ma senza vedere nessuno, finché non voltate la testa, ed eccolo. E’ lui! E’ Gilbert che vi fissa con i suoi occhi agghiaccianti dalla copertina. Se ancora non fosse chiaro parliamo de Il Suo Nome Era Gilbert, romanzo di Keiko Takemiya edito da J-POP Manga.

Il Suo Nome Era Gilbert mostra uno spaccato dell’editoria giapponese degli anni Settanta. Arrivata a Tokyo dopo aver debuttato giovanissimo nel mondo dei manga, Keiko Takemiya si ritrova quasi prigioniera del suo nuovo lavoro, fatto di scadenze impossibili, ritmi estremi e solitudine.

Una condizione che la porterà a ripensare le basi del fumetto giapponese nei mesi che trascorrerà al “Salone Oizumi”, ovvero l’appartamento condiviso con le colleghe e compagne di battaglia con cui decide di rivoluzionare ogni aspetto dei manga per ragazze. Attraverso momenti difficili e successi, Keiko Takemiya racconta i passi e le sfide che l’hanno portata a inaugurare una nuova era per il manga e confida i segreti e i retroscena della vita di una grande mangaka.

Mettiamo le cose in chiaro sin da subito; non è spin-off dell’amato Kaze to Ki no Uta e nemmeno un nuovo manga legato al bellissimo e travagliato Gilbert. No! Takemiya vi sorprenderà semplicemente con una biografia sugli sforzi e i sacrifici della mangaka nella realizzazione della sua opera più alta. Ora, parliamoci chiaro. Io non avevo mai letto una biografia (in parte) su un’opera, e sono arrivato ad una semplice conclusione: dovrebbero farla tutti!

Takemiya, con Il Suo Nome Era Gilbert, vi guiderà sin dal principio: dal suo arrivo a Tokyo all’età di vent’anni nel 1970, fino all’inizio della serializzazione di Kaze nel 1976. Questo offrirà a molti una prospettiva non solo su sé stessa come artista, ma anche sulla sua vita e sulla sua educazione. Ma soprattutto, dulcis in fundo, sull’industria dei manga al tempo e lo stato della società giapponese degli anni ’70. Potremmo chiudere la recensione qui e dirci addio in quanto le premesse iniziali smuoverebbero anche una montagna tanta è la curiosità di noi appassionati. Ma ovviamente non mi tiro indietro!

Molti non sanno che in realtà Takemiya ha cercato per anni di pubblicare questo bio-romanzo, con il risultato di essere stata rifiutata più e più volte. Un po’ perché i caratteri sulla copertina erano grandi, altre perché il colore era troppo vivace per il suo tempo o peggio perché gli editori credevano che l’opera in questione non fosse adatta al grande pubblico. Queste sono solo alcune delle difficoltà che la sensei ha dovuto affrontare.

Come appena letto sopra, questa non è nemmeno metà della vera storia. Il viaggio di Takemiya per rendere concreto finalmente quello che lei chiama la sua vita – e che noi chiamiamo Il Suo Nome Era Gilbert – è più di una semplice battaglia contro le legioni di editori di manga shojo maschi e maschilisti, che non sono mai riusciti a capire cosa le ragazze volessero leggere in realtà. È stata una battaglia contro sé stessa, contro le sue insicurezze e le sue mancanze (poi conquistate) come artista e donna.

Provate ad immagine, una giovane donna che ritrova sé stessa e la forza di far “sentire la sua voce” in un mondo prettamente maschilista. Una “voce” che si mette a nudo e svela che anche i più grandi sono afflitti da seri problemi. Una storia che racconta delle amicizie fatte tra donne che si uniscono contro un’industria fatta da uomini in una società che a lungo è stata di stampo patriarcale e, che solo negli ultimi decenni, ha dato maggiore potere e diritti alle donne (relativamente parlando).

Takemiya inizia presto a disegnare manga, quando ancora è all’università. Sin da giovane si ritroverà a lavorare per le tre grandi potenze editoriali ovvero: Shogakukan, Kodanasha e Shueisha. Ma ha un problema! Non rispetta le scadenze con nessuno di loro. Le sfere alte dell’editoria decidono di portarla a Jimbocho. Ergo, il quartiere di Tokyo dedicato ai libri per farle finire tutti i lavori di cui era rimasta indietro. Ormai la situazione è deteriorata e le stesse realtà editoriali la costringono a scegliere una per cui lavorare. Dunque, sceglie Shogakukan, preparandosi così a una relazione permanente e spesso carica di antagonismo.

Ormai è in trappola. Lei assieme alla compagna che ad oggi è considerata una delle fondatrice del moderno shojo, e anche del Boy’s Love, ossia Moto Hagio. Anche questa sarà un’altra “relazione” che durerà per tutta la vita. Effettivamente, sembrerebbe che Takemiya avesse una sorte di soggezione per il talento innato della Hagio. Infatti, rimase entusiasta quando alla fine finiscono per lavorare assieme, aiutandosi a vicenda e rispettando le scadenze. Finalmente, per la prima volta, le due si ritrovavano a poter dare voce e spazio alla loro passione e necessità viscerale. Ovvero parlare di manga!

Dopo un po’ Takemiya ritorna a Tokushima. Ma ormai è disabituata dalla tranquillità del suo paese d’origine. Le mancano le strette interazioni con i colleghi artisti e gli editori di Tokyo. Tra piccole curiosità come quella in cui “il vicino della sensei doveva gridare e chiamarla ogni qualvolta il suo editore chiamava da Tokyo”, dopo alcune discussioni, convince finalmente i suoi genitori a trasferirsi a tempo indeterminato a Tokyo, precisamente a Nerima per poi trasferirsi nell’Oizumi Salon con Moto Hagio. Da lì in poi… vi lascio il piacere di vivere questo strepitoso romanzo!

In conclusione, Il Suo Nome Era Gilbert è indubbiamente un’opera carica di un sentimento femminista vero che sfocia in un bisogno, in una necessità delle donne di prendere il sopravvento e rivoluzionare una cultura apparentemente devota a loro ma che in realtà, è palesemente maschilista. Nel corso della storia, Takemiya scende nei dettagli, in modo reale e mai distaccato. Racconta e storicizza i ricordi che non risultano mai offuscati, portando lo sguardo su un quadro più ampio e toccando alcuni eventi accaduti all’epoca in Giappone. Una storia di condivisione, rivalsa, frustrazione, sogni infranti e realizzati, di una vita travagliata fino al raggiungimento di un traguardo chiaro: sdoganare i diritti di prelazione e favoritismi verso coloro che nascono biologicamente uomini e quindi ahimè privilegiati nell’universo editoriale Giapponese.