La donna con l’abito nero – Recensione

Dark Abyss edizioni pubblica lo sforzo dell’esordiente Alberica Sveva Simeone, un horror claustrofobico e serrato al sapore di “Shining” commisto alla mitologia norrena: La donna con l’abito nero.

Matteo Gori, padre di due figli, buttato fuori dal tetto coniugale da sua moglie a causa di un tradimento, si trasferisce nel condominio 7/A. Si tratta di uno stabile abitato da vicini peculiari, guardinghi e sempre sulla difensiva, in cui Matteo non si sente del tutto a proprio agio ma dove decide di abitare dato il prezzo vantaggioso del canone di locazione. Una serie di fatti inquietanti legheranno il protagonista al condominio, in un vortice di disperazione che lo porterà a rivalutare vecchie credenze popolari e leggende, ma soprattutto gli insegnerà a convivere con le proprie colpe e a riscattarsi della codardia. Aggrappato alla disperazione, Matteo cercherà di combattere e tentare di annientare un “grande male” di cui tutti i condomini omertosi conoscono la natura, che lo colpirà nel profondo, abbattendosi sul suo già delicato ordine familiare.

L’acqua nella pentola bolliva emettendo un buffo borbottio…

La Simeone si infila nelle orecchie dei lettori, acquisendo e facendo sua una prosa serrata, scevra di barocchismi e semi giornalistica. La sintassi è ridotta all’essenziale, cosa che in alcuni casi potrebbe risultare quasi invadente agli occhi di un lettore cosiddetto “forte” dei classici o di narrativa impegnata. Se abituati a una certa scorrevolezza del testo su forme sintattiche complesse, infatti, ci si potrebbe sentire appesantiti dalla copiosità dei punti fermi. Questi, comunque, segnano la scelta stilistica verso una prosa comprensibile a un pubblico vasto, di qualsiasi età. La Simeone, quindi, si pone l’obiettivo di un bacino di lettori vario e variegato, strizzando l’occhio alla cultura pop con riferimenti espliciti a film e libri cult come il già citato “Shining”.

La donna con l’abito nero si definisce per la sua gran parte in pochi e ristretti ambienti, quasi del tutto sviluppati all’interno del condominio 7/A e dei suoi immediati dintorni. Questo, unito alle descrizioni (sintetiche ma precise) tende a dare un senso di claustrofobia e di repulsione, che richiama alla mente dell’appassionato di horror la saga di “Non aprite quella porta”. Giochi di ombre, di spazi angusti e poi vasti, di proporzioni esagerate e di “extra-dimensioni” modellano, modificano e inorridiscono le scene. Per tutte le pagine si susseguono una dopo l’altra le sequenze narrative, in una dimensione quasi onirica, accentuata dalle deformazioni spaziali (degli ambienti) e psico-fisiche (dei personaggi), la quale viene costantemente bramata dal protagonista, vittima di un gioco sadico di un ente malvagio mai del tutto definito, antichissimo e figlio del caos.

Due piani più in alto, lei era pronta a nutrirsi.

Dorsale tematica di tutto il racconto è la mitologia norrena, più o meno velata, riportata in modo abbastanza superficiale da non creare l’effetto della “Storia della Colonna Infame” dell’opera manzoniana: non c’è necessità di invadenza perché la leggera descrizione riportata è uno strumento di conoscenza per il lettore, che riesce a contestualizzare meglio i personaggi. Si potrebbe pensare, forse, che la distribuzione dell’argomento mitologico sia stata poco oculata, ma nel complesso porta avanti il suo obiettivo e assume una sua posizione in tutto il testo, per quanto concentrata in una sola parte di esso, e non risulta un surplus eccessivamente invasivo. Il lettore, sicuramente, uscirà incuriosito dal mondo norreno grazie a quest’opera.

Dark Abyss, pubblicando La donna dall’abito nero di Alberica Sveva Simeone, porta all’occhio dei lettori un racconto raccapricciante, serrato, fatto di sintassi secca e descrizioni brevi e concise. Un libro che porta a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni, condito di scene splatter alternate a riflessioni profonde sulla natura stessa delle emozioni primordiali dell’uomo, la paura, il terrore, il rimorso. Un’opera da leggere tutta d’un fiato, leggibile da tutti… se si ha abbastanza fegato!