Le figlie di Salem – Recensione

Era il mese di Febbraio del 1692 quando nel villaggio di Salem, nel Massachussets, due bambine, Abigail Williams ed Elizabeth Perris, cominciarono a manifestare degli strani comportamenti: si contorcevano, strisciavano sul pavimento, urlavano, si nascondevano sotto i mobili. I medici, di fronte a questi casi clinici, non poterono che trovare un’unica e chiarissima causa a un cambio di atteggiamento così repentino e violento: stregoneria. Fu proprio questa la scintilla che, in un clima già molto teso a causa di questioni politiche e religiose, fece scoppiare l’enorme incendio che oggi ricordiamo come “processo alle streghe di Salem”. Donne comuni che divennero il capro espiatorio di un’intera comunità che si nutriva d’odio e che si tormentava nel tentativo di trovare un colpevole, una causa ad ogni male. Thomas Gilbert rende loro omaggio attraverso Le figlie di Salem, una splendida Graphic Novel che mira a mostrarci il lato più oscuro dell’essere umano, e che arriva nelle nostre mani grazie alla casa editrice Diabolo Edizioni.

Abigail Hobbs è una ragazzina di tredici anni che vive serena e spensierata nel villaggio di Salem assieme alla sua famiglia. Non sa, però, che la sua vita è destinata a cambiare a causa di un oggetto che le verrà donato da Peter, un suo amico d’infanzia, e dall’incontro con il misterioso “uomo nero” nella foresta. Nel giro di pochi mesi la ragazza scoprirà quanto l’essere umano possa essere mostruoso e si ritroverà, assieme ad altre donne del villaggio, amiche e conoscenti, al centro dello storico e tristemente famoso processo contro le streghe di Salem.

Abigail, a partire da oggi non sei più una bambina. Per gli uomini, ora sei una preda…

Abigail è solo una ragazzina quando si ritrova, a causa di alcune dicerie di paese, a dover crescere repentinamente. La spensieratezza dell’infanzia viene spezzata bruscamente, senza che lei possa realmente capirne il motivo e forzandola quindi a fare un salto nell’età adulta. Le uniche cose che le daranno un po’ di sollievo saranno il sorriso della sua migliore amica Betty, con la quale passa pomeriggi interi ad ascoltare i racconti della schiava indiana Tituba, e gli incontri proibiti con un misterioso giovane nella foresta. Così Abigail trascorre la vita, cullata da un pendolo che oscilla tra la voglia di libertà e la necessità di comportarsi come una donna adulta per poter sopravvivere in una società come quella di un piccolo villaggio nel Massachusetts di fine ‘600.

Durante il corso della storia il lettore assisterà alla crescita personale della protagonista che, come detto in precedenza, vedrà la sua infanzia terminare improvvisamente e si troverà costretta a diventare una donna nel corso di pochi mesi. Da ragazzina serena e spensierata diventerà un’adulta a tratti cupa ma risoluta, capace di prendere le difese dei più deboli, di battersi contro le ingiustizie e di sfidare l’intero villaggio compiendo azioni tanto giuste quanto rischiose. Nel suo percorso di crescita, tuttavia, non sarà sola. Oltre alla sua migliore amica Betty ci saranno, infatti, la schiava indiana Tituba, una donna che in un certo senso assumerà un ruolo materno per le due ragazzine, Sarah Good, la così detta pazza del villaggio, e Bridget Bishop, una giovane e bella ragazza irlandese che assieme alla madre gestisce una locanda e che a modo suo tenta di portare la gioia a Salem.

Le protagoniste dell’opera sono dunque donne comuni, alcune poco più che bambine, che hanno avuto come unica colpa quella di essere capitate nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Contrariamente a quel che si può pensare, infatti, ne Le figlie di Salem magie e stregonerie non trovano spazio per esistere. Thomas Gilbert non ha paura di mostrarci la realtà delle cose così com’è stata, né di sbatterci in faccia la crudeltà di cui l’uomo può essere capace. Ma andiamo per gradi.

Nel 1692 il villaggio di Salem, ai confini con i territori dei nativi americani, viveva immerso nella paura e nell’incertezza. La “minaccia” proveniente dalle popolazioni indigene che abitavano i territori circostanti, unita al senso di abbandono dovuto alla precarietà della situazione politica del villaggio, fece sì che i cittadini cercassero riparo sotto a un tetto all’apparenza stabile e sicuro: la religione. È esattamente questa la realtà storica che Thomas Gilbert ci racconta attraverso Le figlie di Salem.

Cittadini di un’unica comunità che, in nome di dio, cominciano a perpetrare indicibili violenze sulle loro madri, sulle loro mogli, sulle loro figlie. Un villaggio che vive nella paura, in cui vicini di casa e amici d’infanzia si ritrovano ad accusarsi a vicenda, a schierarsi in fazioni differenti fomentati da un unico, folle personaggio: il signor Perris, pastore della comunità nonché padre della migliore amica di Abigail, Betty. Sarà proprio Perris che, con i suoi sermoni e le sue prediche, darà il via al delirio che porterà decine di donne ad essere accusate di stregoneria e successivamente, eventualmente, processate. Quale misericordioso dio vorrebbe realmente tutto questo?

Anziché fare i conti con il male che si annida tra di noi ci accaniamo su ciò che non conosciamo, l’estraneo.

Il tema della diversità è ampiamente trattato ne Le figlie di Salem. Le donne accusate di stregoneria erano tutte soggetti fuori dall’ordinario per gli standard del villaggio, e si sa, quando non si conosce qualcosa può nascere un sentimento di paura e da questo può nascere l’odio. In una società prettamente patriarcale come quella della Salem del 1692, una donna forte, in grado di cambiare e sovvertire l’ordine delle cose poteva rappresentare, agli occhi di puritani e tradizionalisti, un pericolo, ed è meglio eliminare ciò che non si capisce piuttosto che provare a comprenderlo, perché uscire dallo status quo può essere spaventoso.

È così che l’ira del villaggio si scaglia contro indipendenti ragazze la cui unica colpa è quella di dimostrare amore per la vita, contro donne con evidenti problemi mentali, contro chi ha il coraggio di denunciare un’ingiustizia perpetrata nei confronti degli indifesi e contro chi, a causa di barriere linguistiche e culturali, semplicemente non è in grado di comprendere. In quest’opera, infatti, Thomas Gilbert non solo vuole mostrarci quanto realmente sia stata atroce quella caccia alle streghe che ai giorni d’oggi viene fin troppo romanzata, ma vuole anche riportarci alla memoria una cruda realtà storica: lo sterminio dei nativi americani da parte dei coloni. Rappresentando scene di violenza in grado di straziare il cuore l’autore non fa che ripeterci quanto sia inutile e nocivo l’odio verso il prossimo e ci ricorda, attraverso pochi ma intensi momenti di tenerezza, che un piccolo gesto d’amore, al contrario, può nutrire la nostra anima.

I disegni di Thomas Gilbert sono fortemente autoriali, riconoscibili e perfetti per un’opera come Le figlie di Salem. Attraverso le sue illustrazioni l’autore riesce a rendere nel migliore dei modi l’idea di terrore e di orrore che si aggirava nell’aria a quei tempi e nello stesso momento è in grado di colpire il lettore come un pugno nello stomaco. I colori utilizzati sono pieni e studiati attentamente in ogni singola scena, in modo da riuscire a trasmettere esattamente le emozioni provate dalle protagoniste. Gran parte dell’opera, comunque, è caratterizzata dall’utilizzo del nero, il quale rende ancora più suggestivi i momenti in cui è la luce a fare da padrona. Particolarmente significativo l’utilizzo del colore rosso nelle scene più crude e intense, che concorre a diffondere un certo senso di disagio nel lettore.

Una scelta stilistica molto apprezzata è quella di inserire un piccolo campanello d’allarme, che consiste in una vignetta rappresentante simboli o immagini sataniche, che precede le scene più violente e in cui l’oscurità dell’animo umano viene fuori con più prepotenza; in questo modo nel lettore, conscio del fatto che certe illustrazioni annuncino l’arrivo di un momento particolarmente intenso, comincerà a crescere un senso di ansia e di angoscia. Da menzionare, inoltre, la qualità dell’edizione: il volume presenta dimensioni considerevoli e questo permette ai lettori di gustare al meglio ogni singola tavola dell’opera. Uno splendido cartonato che giustifica il prezzo di copertina, dà l’idea di avere tra le mani una piccola perla e rende ancora più piacevole, per quanto angosciante, la lettura.

Spero solo che Salem non venga ricordata per questo processo.

Le figlie di Salem, edito da Diabolo Edizioni e scritto e disegnato da Thomas Gilbert, è una chicca che tutti dovrebbero avere in libreria, il perfetto connubio tra intrattenimento e critica storica e sociale. Incentrando il racconto sulla figura della giovane e risoluta Abigail Hobbs l’autore riesce a mostrarci un triste spaccato della storia dell’uomo. L’animo umano è messo a nudo e il lettore si ritroverà davanti a un racconto brutale, a tratti difficile da credere, e proprio quando si sarà dimenticato di trovarsi di fronte a una storia realmente accaduta ecco che Gilbert lo riporterà di fronte alla realtà dei fatti e gli ricorderà che quelle barbarie non hanno altro colpevole se non l’uomo stesso. Un’opera che vi consigliamo caldamente, che serve per tenere bene a mente ciò che è stato e ciò che non dovrà mai più essere.