Livello 49 – Recensione

Il lavoro debilita l’uomo

livello 49 copertina

I mostri sono i protagonisti dell’horror in tutte le sue forme, almeno secondo l’immaginario comune. Solo attraverso una lettura approfondita – delle volte non è nemmeno richiesto uno sforzo così importante – ci si accorge che quelle creature non sono altro che una controfigura delle fragilità, delle ambizioni e dei limiti umani. Demoni immortali, viaggiatori di sogni, seduttori infallibili e spietati assassini riempiono da tempo le pagine e le pellicole della narrativa della paura. E se l’orrore fosse la vita stessa e la sua routine? Come potrebbe influenzare la lettura e l’approccio a questo tipo di narrativa? Un esempio da segnalare assolutamente è Livello 49. Qui la paura assume una forma completamente diversa da quella che si è soliti incontrare.

Alessandro Pedretta firma un romanzo crudo, violento e dannatamente realista. Pubblicato a dicembre 2021 da Independent Legions Publishing – una garanzia per coloro che amano i generi più estremi –, questo libro arricchisce il bagaglio dell’orrore nostrano sotto diversi aspetti. Immagini crude, uno stile elegante e grezzo – il nuovo underground italiano deve ripartire da questo –, una visione rassegnata e alienata della condizione umana completano un quadro dalle tinte weird e distopiche.

La fame delle industrie

Moloch2 è la culla della morte, di industrie affamate di nuova carne e della peggior feccia umana. Individui che cercano di sopravvivere in un ambiente tossico attraverso lavori degradanti, in condizioni disumane e al limite della moralità. Nei vicoli di Moloch2 si muovono assassini, mutanti, Scannerizzatori dell’Amigdala e altri scarti prodotti dalle Guerre delle Multinazionali. La macchina non deve mai arrestarsi, la carne alimenta quegli ingranaggi fetidi e arrugginiti.

In questo palcoscenico decadente prende forma l’orrore raccontato da Pedretta: il lavoro. La catena di produzione è un mostro senza pietà che non guarda negli occhi opachi dei lavoratori, non viene impietosito da quei volti scavati e dalle menti svuotate. La catena ha fame e le braccia di individui facilmente rimpiazzabili devono assecondare la sua volontà, servirla, nutrirla a ogni ora della giornata. Si genera un’alienazione da cui non c’è ritorno – probabilmente nemmeno il tempo cura certi traumi – e si cerca una speranza in una semplice e letale promessa: la promozione. E come spesso accade, la delusione supera le aspettative.

I figli della Beat Generation

Livello 49 è un romanzo Beat, nello stile e nel modus narrandi. Una denuncia diretta al mondo odierno, al capitalismo della produzione e alla sua violenza senza limiti. Temi come il lavoro e le sue morti, l’alienazione dovuta a quei gesti ripetitivi e privi di umanità, vengono descritti nel romanzo attraverso un linguaggio crudo e violento. Lo sguardo cinico di Pedretta non risparmia alcun personaggio – e nemmeno il lettore – mostrando una realtà che viviamo ogni giorno. L’autore non ha la presunzione di proporre una via di fuga o un riscatto. Forse perché nemmeno esistono.

Leggendo questo romanzo non si può non citare lo stile. Si leggono le influenze della Beat Generation, di William S. Burroughs e del contemporaneo autore horror/splatterpunk Caleb Battiago. Lo stile fluido mostra al lettore gli angoli marci di Moloch2, i suoi vizi, i personaggi che la abitano e che contribuiscono alla sua fatiscenza. Suoni e odori sono presenze costanti e vive. Gli allarmi che scandiscono i turni di lavoro, la marcia stanca e rassegnata degli operai insieme al puzzo ferroso e rancido delle industrie, la mensa stipata e il veleno offerto come pasto. Pedretta martella le parole su un’incudine come farebbe un fabbro disperato, ricreando l’ambiente di lavoro che tratta nel romanzo. Persino la bocca assaggia bocconi amari mentre si procede con la lettura.

In attesa di un nuovo incubo

Independent Legions Publishing ha il merito di portare ogni anno in Italia delle vere e proprie perle dell’horror mondiale, facendo conoscere al pubblico nostrano titoli che altrimenti sarebbero rimasti nell’ombra. La sua presenza oltrepassa l’oceano, ricevendo lodi da personaggi non indifferenti nell’ambiente, ed è per questo che quando tra le pubblicazioni c’è un autore italiano non possiamo che esserne felici e orgogliosi, come in questo caso.

Livello 49 non punta al mero intrattenimento, ma fa della denuncia la sua lancia primaria. Alessandro Pedretta si fa leggere in tutta la sua rabbia e rifiuto verso quella componente sociale che probabilmente è costretto a vivere ogni giorno. E chissà che questo sistema di lavoro logorante e diabolico, in cui si punta a quella tanto ricercata “promozione”, non sia anche l’allegoria di un mercato artistico sempre più alienato, vile, privo di scrupoli. La fine, comunque, è già scritta.