
Agli amanti della letteratura dell’orrore non sarà nuovo il nome di Edgar Allan Poe. Scrittore di numerosi racconti inquietanti e critico letterario, Lo scarabeo d’oro è uno dei suoi tanti gioiellini. Il racconto è stato inserito in alcune raccolte, ma si trova anche in un volume singolo e piuttosto breve. In questo caso, parliamo della pubblicazione di Alessandro Polidoro Editore.
In una fredda giornata d’autunno, William Legrand, l’ultimo discendente di un’antica famiglia ugonotta ormai decaduta, confessa a un amico di aver trovato per caso uno scarabeo di un inusuale color oro, appartenente a un genere finora sconosciuto dalla scienza. Non potendoglielo mostrare di persona, ma desideroso di soddisfare la sua incredulità, Legrand prova a disegnare lo strano coleottero su un foglio sgualcito. Alla luce del fuoco del camino, tuttavia, lo schizzo dello scarabeo cambia all’improvviso, assumendo la forma di un macabro teschio. Inizia così un’avventurosa caccia al tesoro, con assurde scoperte legate a misteriose crittografie.
“Egli era molto istruito, dotato di facoltà intellettuali non comuni ma affetto da misantropia e soggetto a morbose alternative di entusiasmo e di malinconia.”
Lo stile di Edgar Allan Poe è antico, sebbene risulti comunque chiaro e scorrevole. Dobbiamo tenere presente il periodo storico del racconto e l’ambientazione, in questo caso l’isola di Sullivan, nella città di Charleston (Carolina del Sud), e apprezzare dunque questo modo di narrare.
Rispetto ad altri racconti di E.A. Poe, Lo scarabeo d’oro non rientra esclusivamente nel genere horror, nonostante le sfumature sinistre di alcune descrizioni ambientali e di certe situazioni che tengono col fiato sospeso, ricoprendo la pelle di brividi freddi. A tutti gli effetti, le atmosfere sono tipiche di un racconto horror. Ogni dettaglio porta a guardarsi intorno e sperare che non ci sia un’ombra oscura alle nostre spalle.
Sebbene in alcuni punti ci sia una vena macabra ad avvolgere le vicende, credo che sia più corretto catalogarlo come racconto d’avventura. L’avventura di tre personaggi alle prese con una scoperta che vi lascerà sotto shock, mentre si ricerca insieme a loro un antico tesoro nascosto, che potrebbe essere davvero sepolto da qualche parte o essere soltanto una rincorsa della follia.
Il narratore, in prima persona, non è l’unico protagonista. Al centro delle vicende i personaggi sono tre e hanno tutti la stessa importanza, senza che nessun componente del trio venga messo in ombra.
“Somiglia più a un teschio che a qualsiasi altra cosa che mi sia mai capitato di osservare.”
Un racconto come Lo scarabeo d’oro va consigliato agli amanti della letteratura dell’orrore, di sicuro, ma anche a coloro che adorano lasciarsi coinvolgere dalle avventure dei personaggi e che non temono i pericoli che soffiano lugubri nell’ombra.
I rischi che corrono i tre protagonisti quando decidono di mettersi in cammino sono tanti, sopratutto considerando lo stato del sole, ormai già calato da un po’. La notte è buia e a Charleston difficilmente serve accendere il fuoco per scaldarsi. Delle armi e un cane da guardia alle spalle, e il trio è pronto a partire all’avventura.
Il racconto potrebbe interessarvi anche e soprattutto se siete amanti del mistero. Ogni enigma è svelato, spiegato, e ciò viene fatto in maniera magistrale e dettagliata, senza lasciare alcun dubbio al caso.
Si tratta dunque di un racconto in cui si mescolano più generi, capace di coinvolgere lettori disparati. Sarà impossibile rimanere indifferenti alle vicende, verrete coinvolti fino alla fine, incapaci di staccare gli occhi dalle pagine. Trattandosi di un racconto breve, si finisce di leggere molto in fretta, potrebbe essere la vostra fiaba della buonanotte.
“Non trova pace in nessun posto, questo è il male…”
E voi sareste pronti per partire all’avventura, inseguendo un piano che sembra solo lucida follia?
Accogliereste la pista lasciata da un teschio e da uno scarabeo d’oro, se vi dicessero che c’è un tesoro nascosto da qualche parte, sepolto da chissà quanto tempo e mai rinvenuto da nessuno?