
Quando un’espressione raccoglie in sé un significato lampante, immediatamente percepibile, si dice che “uno sguardo vale più di mille parole”. Questo modo di dire è perfetto per descrivere la sensazione che dà la lettura di Piccioni, Lumache e Tartarughe della maestra Ayako Ozaki. Shockdom presenta questa raccolta antologica di storie brevi che, con poche e apparentemente semplici tavole, si rivela essere un calderone ricco di emozioni.
Senza fare eccessivo affidamento sull’uso della parola, i racconti che la Sensei propone sono brevi e almeno in apparenza spensierati. Si appoggiano sulla potenza del disegno e celano dietro il loro tratto fiabesco una moltitudine di significati. Se si è abituati a leggere fumetti e seguire una trama ben definita, Piccioni Lumache e Tartarughe rappresenterà un bel cambio di rotta.
L’antologia in questione, infatti, non sembra seguire una chiara linea narrativa ma sembra voler rappresentare in ognuna delle sue storie un concetto differente. Seppur sia possibile rinvenire degli elementi comuni che si ripetono nello stile di disegno e di impostazione delle tavole, ogni racconto è a sé stante, slegato, e può essere apprezzato nella sua integrità. Dal titolo che troneggia sulla prima tavola sino al “Fine” che ne indica la conclusione, il lettore è lasciato libero di immergersi in queste brevi ed intense storie con la consapevolezza che tutto è racchiuso in quelle poche pagine.
Dallo snorkeling alla full immersion
A quanti è capitato di sperimentare immersioni subacquee nelle azzurrissime acque marine?
Sia che si temano le profondità e si preferisca rimanere a pelo dell’acqua, sia che ci si voglia addentrare nell’abisso marino, Piccioni, Lumache e Tartarughe rappresenterà per i suoi lettori un’avventura unica. Nonostante la lettura sia un’esperienza soggettiva e il livello di approfondimento della storia dipenda dagli occhi di chi si accinge a leggerla, anche allo sguardo più inesperto sarà impossibile non notare come questa raccolta sia costruita su almeno due livelli.
Ayako Ozaki ha scelto di portare in vita delle storie che possono essere apprezzate sia da chi vuole gustarsi l’estetica delle tavole e il velo di leggerezza che apparentemente le avvolge, sia da chi non si accontenta della maschera favolesca che esse indossano e vuole soffermarsi a pensare, a scavare e ricercare quel significato nascosto racchiuso nel profondo di esse. In questo senso l’antologia di fiabe che viene presentata al pubblico può essere apprezzata da grandi e piccini ed è in grado di suscitare un tumulto di emozioni a chiunque provi ad approcciarvisi.
In quanti modi si può rappresentare la crescita?
Una delle particolarità che è possibile riscontrare in questa antologia è il tema ricorrente della crescita. Seppur attraverso l’uso di metafore differenti Ozaki-san sembra voler rappresentare quel delicato percorso che ogni persona deve affrontare nella vita. Il passaggio dall’età infantile a quella adulta, con l’abbandono di quella tipica ingenuità che caratterizza l’esser bambino è infatti presente in più di uno dei racconti proposti.
Cosi, ne “Il pomodoro” una bambina di ritorno da scuola rimane perplessa nello scorgere un pomodoro navigare a pelo d’acqua sul fiume e, come ipnotizzata da esso, inizia a seguirlo con lo sguardo. L’avventura del pomodoro porta la mente della bimba a vagare, fantasticando su quale viaggio incredibile aspetti al tondo ortaggio. Prima ancora di rendersene conto le sue gambe si muovono, pronte a seguire il pomodoro e ad aiutarlo a superare qualsiasi ostacolo si pari sulla sua strada…più o meno.
Ne “Il fiocco Verde” il messaggio è ancora più lampante. Una bambina dall’aria solare va a trovare una sua timida amica. Insieme giocano, colorano e si divertono. Ma quando la fanciulla sorridente cerca di trascinare la sua schiva amica su per quella scala che non si sa dove arriva, il timore prende il sopravvento. La metafora della scala sull’ignoto che ci riservano la vita e la crescita è evidente: l’autrice non ha bisogno di inutili parole e coi suoi disegni è perfettamente in grado di coinvolgere il lettore e fargli arrivare, forte e chiaro, il senso del suo racconto.
Non servono parole
La tecnica di lasciare che siano i disegni a parlare è ripetuta in più di una delle storie dell’antologia. Ozaki-sensei propone una raccolta che, seppur non sia definibile muta, non si concentra sull’uso della scrittura quanto su quello dell’illustrazione. Ciò, però, non deve spaventare i lettori. L’uso di linee curve e tondeggianti, i protagonisti bambini, la predominanza del bianco e del suo potere di trasmettere calore, mai contrastato da un nero ma solo da scale di grigi che rendono le tavole accoglienti allo sguardo, sono tutti elementi sapientemente utilizzati dall’autrice per mettere a suo agio chi si accinge alla lettura.
Piccioni, Lumache e Tartarughe è un vero e proprio vaso di Pandora. Dall’aspetto innocuo invoglia chiunque a sfogliare le sue pagine, ma nell’esatto istante in cui lo sguardo si posa sulle sue magiche tavole, il lettore viene trascinato in un vortice infinito di emozioni. Senza doversi concentrare sui dialoghi, per lo più assenti, o distribuiti in pochi baloon nel corso delle pagine, l’attenzione di chi legge è completamente presa dai disegni che si muovono liberi sul foglio bianco. A riprova che nulla è come sembra, questa raccolta è una sfida ai suoi lettori, perché solo loro possono scegliere cosa cogliere di questi racconti fiabeschi che celano al loro interno molto, molto di più di quello che all’apparenza potrebbe sembrare.