
Percepite l’artificiosità quando assaggiate qualcosa che vi promette essere di un determinato gusto?
Ciò che avviene in questa storia, The flavor of melon, scritto e disegnato da Etsuko e edito da Dynit in un cofanetto contenente entrambi i volumi, è proprio questo: realizzare che due perfetti estranei finiscono per convivere in maniera quasi artefatta, ma che lentamente ci prendono gusto. Un po’ come Kiuchi, uno dei due protagonisti, che realizza che quel gusto al melone è finto ma piano piano acquisisce sapore e intensità.
“Il gusto di melone della cream soda è finto. Però è buono. Anche se è artefatto, si può affermare che questo è il gusto del melone.”
I due protagonisti, Kiuchi e Nakajo, si conosco appena, ma per circostanze date dal destino finisco per vivere insieme. O meglio, Nakajo ospita Kiuchi a casa dopo che quest’ultimo è stato lasciato dalla ragazza. Da quel momento, queste due anime condivideranno gioie e dolori della convivenza.
La particolarità di The flavor of melon è come i due volumi siano totalmente diversi l’uno dall’altro. Il primo racconta la storia di questi due ragazzi, di come uno sia gay dichiarato e per questo abbia un rapporto particolare con i genitori, e di come l’altro non riesca a dormire da solo (quasi fosse un capriccio) e per questo cerchi sempre la compagnia di un altro essere umano. Il secondo inizia a consolidare l’idea che ci sia qualcosa che non va in uno dei due protagonisti, come se l’alone lasciato dal volume precedente consolidi un po’ l’idea che il voler dormire con accanto un’altra persona, il bisogno di avere qualcuno a cui appoggiarsi, non sia un capriccio ma una malattia.
“Il solo stare insieme, senza dirci nulla… non so per quale motivo, ma…era quello di cui avevo bisogno.”
Eccola che troneggia lì, imperterrita e spiazzante, la depressione. Una parola che troppo spesso si ha paura di usare, una malattia che si ha paura di confessare, ma che andrebbe presa come quello che è, con l’unica eccezione che non è il corpo a risentirne ma la mente. La bravura di Etsuko sta proprio nel farti abituare gradualmente a questa situazione e a trattare questa particolare malattia con superficialità. Non intendo dire che la tratti come se non fosse una situazione grave o che non abbia la sua rilevanza per le vite di chi la subisce, ma che viene espressa e rappresenta come se anche quella fosse un’altra faccia della normalità.
Kiuchi sa di stare male, sa che ha bisogno di cure, nasconde questo suo problema per paura di essere abbandonato, ma non è forse l’ammissione il primo passo per guarire?
Nakajo, dal canto suo, non fa domande e forse questo tranquillizza Kiuchi. Sa che non ha mezzi con cui aiutarlo, ha il suo bel bagaglio emotivo da portarsi dietro e spesso è spiazzato dall’esuberanza del coinquilino.
“Con una prontezza incredibile aveva detto proprio ciò che avrei voluto sentirmi dire da un fidanzato.”
Ma il manga non parla solo della malattia, in due volumi condensa un sacco di argomenti: l’accettazione di sé, il lavoro, diventare adulti, crearsi una famiglia. Il sesso poi è un elemento presente nella loro quotidianità, se non subito però lo diventa col tempo. Il loro avvicinamento fisico è graduale, è voluto, è un mezzo per riempire l’altro di tutte le mancanze che ha avuto finora, ma non è il perno su cui si centra la storia. Tant’è che le scene intime sono solo velate e il lettore ne assapora l’idea. È un manga che può essere letto anche da coloro il cui il genere boy’s love non piace.
“Quando faccio l’amore con Kiuchi… ho la sensazione che i confini spariscano… e che diventiamo un’unica cosa. Kiuchi è dentro di me. E io dentro di lui. Siamo una sola anima.”
In sostanza, la lettura scorre piacevolmente, i disegni sono molto lineari e le tavole vuote di dialoghi sembrano voler dare ampiezza ai gesti e alle situazioni vissute. L’unico difetto, se vogliamo trovarlo, è che la storia avrebbe tanto da dire e da raccontare ma condensata in due volumi perde un po’ di spessore. Ci sono salti temporali, situazioni che capitano e non ricordi come ci si è arrivati e una generale confusione, specialmente sulla parte finale, quasi a volersi sbrigare a terminare la storia.
Detto questo resta un manga piacevolissimo da leggere, che tratta argomenti cari alla mangaka, essendoci passata lei in prima persona, e che normalizzata una condizioni in cui chiunque di noi può, ahimè, ritrovarsi.